La "Riforma della Riforma"

 

Riflessioni su La riforma della riforma nella liturgia della santa Messa

È noto che Benedetto XVI aveva in animo di attuare quella che era diventata nota come La riforma della riforma (per approfondimento si veda N. Bux, La riforma di Benedetto XVI. La liturgia tra innovazione e tradizione, Piemme 2008), per mettere ordine nella liturgia della Messa, così da aiutare chi la celebra, come chi vi partecipa, anche con segni e gesti e posizioni del corpo adeguati a comprenderne a pieno il significato e a regolare di conseguenza il proprio atteggiamento e comportamento. Già da Cardinale egli aveva maturato la convinzione che si dovesse cogliere quanto di meglio offriva il rito latino (vetus ordo) in uso da secoli, prima del Vaticano II, insieme a quanto di meglio offre il rito odierno (novus ordo) nelle lingue nazionali, superando gli arbitri e gli abusi che – in nome di una maggiore vicinanza tra il celebrante e i fedeli – si sono moltiplicati e continuano ad esserlo a causa di un indebito protagonismo da parte di entrambi. Non si viene a Messa per celebrare se stessi esibendosi, ma per celebrare e adorare il Signore. Da oggi  mi sembra proponibile la possibilità di seguire da subito nella pratica, la strada di questa riforma della riforma. Ne suggerisco le ragioni e qualche possibile modo per attuarla, pur nell’essenzialità con la quale si può riuscirvi anche senza particolari spazi e mezzi.

1] Nelle chiese dei primi secoli cristiani (pensiamo alle chiese bizantine di Ravenna, alle basiliche romane dei primi secoli, alla basilica di san Nicola a Bari) la sede del Vescovo, o quella del Presbitero celebrante era collocata dietro l’altare, rivolta verso i fedeli, con un leggio o un ministrante che reggeva il libro delle preghiere iniziali. Si può ripristinarlo, anche in uno spazio  limitato,  con tutto il decoro possibile. In questa prima parte della Messa (riti di introduzione e  l’atto penitenziale, colletta) è il celebrante (Vescovo o Presbitero) che parla a nome di Cristo Maestro che prega per introdurre i fedeli ad ascoltarlo e accoglierlo con la propria intelligenza e affettività. Il celebrante è solo provvisoriamente il centro e sotto lo sguardo dei presenti, per introdurre a guardare poi a Cristo, piuttosto che a lui stesso: «Bisogna che Lui cresca e io diminuisca» (Gv 3,30) secondo la parola del Battista.

2] Poi si passa al leggio (un ambone in marmo o un leggio  ligneo prezioso) e si celebra la Liturgia della Parola (le “letture”) – particolarmente valorizzata dalla riforma liturgica del Vaticano II, che ci fa leggere gran parte della Sacra Scrittura e alla quale siamo abituati – e lì si tiene l’Omelia, dove «colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione» (san Giustino, Apologia I, sec. II).

3] Si passa poi dalla Liturgia della Parola alla Liturgia del Sacrificio Eucaristico. Il centro della Liturgia Eucaristica è esplicitamente Cristo e non più colui che lo rappresenta – è Cristo che si rende presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, nel Sacramento dell’Eucaristia: non sono quindi né il celebrante, con la sua personalità e capacità, né i fedeli a celebrare se stessi, ma Lui dal quale viene la nostra Salvezza. In segno di questa centralità di Cristo («Cristo centro del cosmo e della storia», Redemptor hominis, n. 1), al Vescovo, quando presiede, dopo il Sanctus, prima del Prefazio, viene tolto dal capo lo zucchetto, perché da quel momento non sarà più lui ad essere il punto di riferimento a cui guardare, ma il Signore stesso che sta per rendersi presente. Celebrante e fedeli insieme si orientano a Cristo. È di aiuto, perciò, celebrare questa parte della Messa rivolti a Dio (ad Deum) e non verso i fedeli.

4] La Messa è la rinnovazione sacramentale (Memoriale) del Sacrificio della Croce di Cristo: in essa siamo, ad opera di Lui stesso, resi contemporanei alla Passione, Morte e Risurrezione di Cristo.

5] L’adorazione, perciò è l’atteggiamento adeguato da mantenere durante la celebrazione. Per questo Benedetto XVI aveva ripreso a distribuire la comunione in ginocchio ai fedeli, in bocca e non sulla mano. Questo spiega la presenza dell’inginocchiatoio presso l’altare. Pertanto, se non vi sono seri impedimenti fisici, è  educativo inginocchiarsi per riceverla venendo ordinatamente uno dopo l’altro in fila, alla debita distanza.

6] La Messa è la celebrazione di un Sacrificio, sotto la forma di un banchetto (che ricorda l’ultima Cena di Gesù).

– Anticamente i commensali stavano tutti da uno stesso lato della tavola, che poteva essere anche a ferro di cavallo o rettangolare, e non uno di fronte all’altro come oggi.

– Ma l’altare non è solo simbolo della tavola del banchetto, ma soprattutto altare per il Sacrificio, come nell’Antico Testamento e già nelle antiche religioni. Per questo nelle chiese antiche era staccato dal muro, davanti alla cattedra, come un ara per il sacrificio, mentre nelle catacombe era appoggiato al muro, sulla tomba di un martire.

Per essere aiutati a ricordarlo è utile poter celebrare anche tutti rivolti dalla stessa parte (celebrante e fedeli): non è il celebrante che deve essere guardato per se stesso, ma tutti sono rivolti verso Dio che pregano insieme, e verso Cristo che si rende presente nel Sacramento, con la Consacrazione. Il Celebrante che opera in persona Christi, cioè impersonando Cristo, non fa altro che prestare la sua persona fisica (mani e voce) per compiere lo stesso gesto che Egli compì nell’Ultima Cena.

– L’uso di celebrare verso Oriente e l’“orientamento” delle absidi delle chiese cristiane, fino dai primi secoli (rispettato abitualmente quando non fosse impossibile) esprimeva il gesto di volgersi a Cristo, Sole che sorge (oriens) dall’Alto e, per noi occidentali, anche verso Gerusalemme, dove Cristo predicò, fu crocifisso e risorse. Per questo è educativo riprendere questo orientamento (in uso nel vecchio rito latino) nella seconda parte della Messa, dall’Offertorio al momento della distribuzione della santa Comunione, in modo da essere aiutati all’adorazione che già si esprime mettendosi in ginocchio dall’inizio della Preghiera Eucaristica (il Canone) fino al Padre Nostro (purtroppo falsato nella nuova versione che è un’interpretazione piuttosto che una traduzione. Meglio recitarlo in latino se non mantenendo la traduzione precedente)  che viene recitato in piedi.

7] Dopo la distribuzione della Comunione, in bocca, e la purificazione dei vasi sacri, il celebrante ritorna alla sede, rivolto nuovamente verso i fedeli,  per il ringraziamento in silenzio, l’orazione, la benedizione e il congedo che conclude la celebrazione.

 

Bibliografia

 

— J. Ratzinger (Benedetto XVI), Introduzione allo spirito della liturgia, ed. S. Paolo, Cinisello Balsamo 2001.

— N. Bux, La riforma di Benedetto XVI. La liturgia tra innovazione e tradizione, Piemme 2008.

— AA.VV. (A.M:. Valli, ed.), Non abbandonarci alla tentazione. Riflessioni sulla nuova traduzione del Padre Nostro, Chorabooks, Hon Kong 2020.